Un povero che chiede a un altro povero:
Il povero l’ignora, cammina diritto
Con la testa alta, fingendo distrazione.
Il povero piange, che grande umiliazione…
Se ne torna nel buio col cuore trafitto,
Anche se vorrebbe tornare nell’utero.
Pesanti le ruote della sedia, inferma;
Incastonata nel cemento non si muove.
Le braccia, una volta fini, ora robuste,
Avviano la sedia su altre vie ingiuste.
Un altro povero lo vede e si commuove:
Raggiunge quell’altro povero, e lo ferma.
Il povero dice al povero “Guarda, piange.”
Attonito, smarrito, il povero guarda
E ha conferma di ciò che gli è stato detto.
Si avvicina al povero e da dentro al petto
Estrae delle monete in quell’ora tarda,
E l’onore dell’altro povero s’infrange.
“Così poco gli hai dato? Vai, ritorna indietro!
Dagliene ancora, che gli servono più che a noi.”
Il povero tirò fuori nuove monete,
Il povero le guardò, le prese con sete.
È sempre stagione d’aratro: noi siamo buoi.
Guardò in basso, al povero: lo vide tetro.
In tutto ciò, un altro povero mirava
E dentro al cuore arroventato, gli pioveva.
Non poteva fare nulla per alleviare
L’aspro, segreto dolore del mendicare.
Senza gambe il povero sul fondo giaceva:
Nemmeno per poco lo sguardo alzare osava.
April 2015