pre-poesie February – May 2018
di formazione January – November 2017
of a mature childhood / d’infanzia matura February – May 2015
pre-poesie
February – May 2018
30x24cm | 2.2018
Fuori piove e fisso la finestra,
Mille pensieri mi rimbombano in testa.
Dentro, due ali spuntano improvvisamente
E prendono possesso subito della mia mente,
Si spalancano possenti, mi avvolgono all’istante
E qualunque cosa faccia sono sempre più distante.
Mille parole che mi scivolano addosso,
Vorrei tanto ascoltarti e capirti, ma non posso
Perché il mio corpo è qui, la testa invece vola
Lontano, verso l’orizzonte e quasi il cielo sfiora
E sogna mille sogni, impensabili per molti
E più in alto vola, più i pensieri sono folti.
Ma ritornano alla mente quei ricordi del passato
E la mia testa cade nel deserto desolato.
Poi lei ritorna qui, attaccata al mio corpo,
Ma presto ripartirà, appena ne avrà il modo.
October 2012
Fuori piove e fisso la finestra,
Mille pensieri mi rimbombano in testa.
Dentro, due ali spuntano improvvisamente
E prendono possesso subito della mia mente,
Si spalancano possenti, mi avvolgono all’istante
E qualunque cosa faccia sono sempre più distante.
Mille parole che mi scivolano addosso,
Vorrei tanto ascoltarti e capirti, ma non posso
Perché il mio corpo è qui, la testa invece vola
Lontano, verso l’orizzonte e quasi il cielo sfiora
E sogna mille sogni, impensabili per molti
E più in alto vola, più i pensieri sono folti.
Ma ritornano alla mente quei ricordi del passato
E la mia testa cade nel deserto desolato.
Poi lei ritorna qui, attaccata al mio corpo,
Ma presto ripartirà, appena ne avrà il modo.
October 2012
30x24cm | 2.2018
La mia testa vola via, non riesco ad ascoltarti,
Ho altri pensieri in mente di cui mi libererei
Volentieri, ma non posso e vorrei soltanto amarti:
Siamo tutti negri, gialli, siamo tutti quanti ebrei.
E prescindendo la razza, l’uomo comunqu’è infame:
C’è chi è grasso e si mangia persino la sua essenza,
C’è chi ha scavi nelle guance e ha perennemente fame,
C’è chi poi avendo troppo, di sé perde la coscienza.
C’è chi avendo troppo poco, crolla svenuto per terra
E con occhi famelici perde etica e morale.
Per vivere ancora un poco, un filo sottile afferra,
Accontentandosi tristemente d’un esistenza corale.
E pendendo nel vuoto della sopravvivenza
Siamo tutti animali, ci sbraniamo gli uni gli altri,
Non comprendiamo il senso della nostra esistenza,
Ci crediamo tutti grandi, ci crediamo tutti scaltri.
Benestante o affamato, l’uomo è sempre condannato,
E facendo grandi cose, comunque resta mortale,
Costruendo vasti imperi, il mondo ha conquistato,
Pesando meno di nulla nella Bilancia Universale.
November 2012
La mia testa vola via, non riesco ad ascoltarti,
Ho altri pensieri in mente di cui mi libererei
Volentieri, ma non posso e vorrei soltanto amarti:
Siamo tutti negri, gialli, siamo tutti quanti ebrei.
E prescindendo la razza, l’uomo comunqu’è infame:
C’è chi è grasso e si mangia persino la sua essenza,
C’è chi ha scavi nelle guance e ha perennemente fame,
C’è chi poi avendo troppo, di sé perde la coscienza.
C’è chi avendo troppo poco, crolla svenuto per terra
E con occhi famelici perde etica e morale.
Per vivere ancora un poco, un filo sottile afferra,
Accontentandosi tristemente d’un esistenza corale.
E pendendo nel vuoto della sopravvivenza
Siamo tutti animali, ci sbraniamo gli uni gli altri,
Non comprendiamo il senso della nostra esistenza,
Ci crediamo tutti grandi, ci crediamo tutti scaltri.
Benestante o affamato, l’uomo è sempre condannato,
E facendo grandi cose, comunque resta mortale,
Costruendo vasti imperi, il mondo ha conquistato,
Pesando meno di nulla nella Bilancia Universale.
November 2012
30x24cm | 3.2018
Trascorrere la mia breve esistenza in questo corpo
E della vita, giorno per giorno fare esperienza,
È tutto ciò che voglio, anche s’è un continuo torto
E della mia infima essenza riesco a prendere coscienza.
Siamo più che animali, siamo più che spesso tristi,
Siamo troppo nostalgici, siamo troppo pensierosi,
Siamo tutti quanti preda di film oramai già visti
E tutti i pensieri nostri sono logori e callosi.
Ritorniamo sugli stessi sentieri da una vita
E a distanza di un’era ripercorro questa via.
Risalgo questa montagna e durante la salita
Cado in balia della mia stessa follia.
È perché sono umano, quindi vulnerabile
Ai bastoni, alle lame, alle sanguinose botte.
È perché sono umano, quindi malleabile
Col fuoco della vita e col freddo della notte.
Ed essendo io umano, sono fin troppo mortale
E la mia esistenza potrebbe finire ora,
L’importante è che essa non sia stata banale,
Perché so: dopo la morte non potrò vivere ancora.
November 2012
Trascorrere la mia breve esistenza in questo corpo
E della vita, giorno per giorno fare esperienza,
È tutto ciò che voglio, anche s’è un continuo torto
E della mia infima essenza riesco a prendere coscienza.
Siamo più che animali, siamo più che spesso tristi,
Siamo troppo nostalgici, siamo troppo pensierosi,
Siamo tutti quanti preda di film oramai già visti
E tutti i pensieri nostri sono logori e callosi.
Ritorniamo sugli stessi sentieri da una vita
E a distanza di un’era ripercorro questa via.
Risalgo questa montagna e durante la salita
Cado in balia della mia stessa follia.
È perché sono umano, quindi vulnerabile
Ai bastoni, alle lame, alle sanguinose botte.
È perché sono umano, quindi malleabile
Col fuoco della vita e col freddo della notte.
Ed essendo io umano, sono fin troppo mortale
E la mia esistenza potrebbe finire ora,
L’importante è che essa non sia stata banale,
Perché so: dopo la morte non potrò vivere ancora.
November 2012
30x24cm | 5.2018
Persone dormienti, felici di dormire,
Felici di restare nascoste in soffitte.
Abbassano la testa, felici d’obbedire,
Felici di servire mille regole non scritte.
Mille regole non scritte, mille leggi sbagliate
Elevano l’uomo ignorante e selvaggio.
Mille uomini illustri, mille teste illuminate,
Dettano ciò che è giusto, come agire con coraggio.
Come agire col cuore, ce lo vogliono insegnare,
Perché noi cuore e testa non ce l’abbiamo.
Come essere umani dobbiamo imparare,
Sotto il peso del perpetuo ragionare crolliamo.
È per questo che ci serve qualcuno che al nostro posto
Ragioni per noi, regga i nostri pilastri.
Quel qualcuno è accusa, giudice e Padre nostro
È difesa, mai imputato e dimora con gli astri.
Siamo preda delle stesse regole che ci diamo,
Delle stesse leggi assurde che segue solo chi è stolto.
Siamo vittime di noi, del sistema che creiamo,
Del grande disinteresse per ciò che puzza di colto.
December 2012
Persone dormienti, felici di dormire,
Felici di restare nascoste in soffitte.
Abbassano la testa, felici d’obbedire,
Felici di servire mille regole non scritte.
Mille regole non scritte, mille leggi sbagliate
Elevano l’uomo ignorante e selvaggio.
Mille uomini illustri, mille teste illuminate,
Dettano ciò che è giusto, come agire con coraggio.
Come agire col cuore, ce lo vogliono insegnare,
Perché noi cuore e testa non ce l’abbiamo.
Come essere umani dobbiamo imparare,
Sotto il peso del perpetuo ragionare crolliamo.
È per questo che ci serve qualcuno che al nostro posto
Ragioni per noi, regga i nostri pilastri.
Quel qualcuno è accusa, giudice e Padre nostro
È difesa, mai imputato e dimora con gli astri.
Siamo preda delle stesse regole che ci diamo,
Delle stesse leggi assurde che segue solo chi è stolto.
Siamo vittime di noi, del sistema che creiamo,
Del grande disinteresse per ciò che puzza di colto.
December 2012
30x24cm | 2.2018
La nebbia densa copre i monti e le foreste
E un velo di mistero si posa sulla valle.
In lontananza spiccano solo le alte creste
E ognuno è perso anche sul proprio calle.
Mi guardo indietro e i miei compagni di sventura
Sono scomparsi nella nebbia. Li chiamo, ma risposta
Non me ne giunge alcuna, che orrenda avventura!
Mi siedo e rifletto e faccio una sosta.
Mi sento spaventato, oltre che affamato
E bramo solo cibo, e bramo solo Sole.
Sono rimasto solo, perso e disperato.
Deserto desolato sopra un verde colle.
Con la testa tra le mani, io rifletto assai tanto,
Alzo lo sguardo piano, guardo davanti a me
E noto che in terra giace un nero guanto.
M’investe una voce “Ho un credito a te!”
“Che cosa spaventosa!” urla la mia mente,
Sulle placche del cranio questo eco rimbalza.
Sono impaurito e una sagoma nel mentre
Sopra la mia testa una grossa ascia alza.
Se non mi ha ucciso ora è soltanto grazie al caso:
Mi sono spostato in tempo per non essere aperto,
E se ho ancora due gambe e braccia è per caso.
Sto rannicchiato in terra, dal terrore ricoperto.
“Chi sei?” grido più forte che posso.
“Son ciò che volevi fare, ma purtroppo non hai fatto,
I progetti, i tuoi sogni oramai ridotti all’osso.
Sono qui per vendicarmi e mi chiamo il tuo Passato.”
“Ma perché mi dai la caccia? Perché mi vuoi tu morto?
Cos’ho fatto tanto grave?” chiedo col cuore in gola.
“Sono qui per riparare al tuo più grande torto:
Hai sprecato la tua vita, sapendo ch’è una sola.
Hai sprecato troppo tempo piangendoti addosso,
Hai sprecato la tua vita senza curartene tanto,
Hai sprecato troppo tempo ripetendoti: «Non posso!»
Hai sprecato la tua vita, non meriti nessun vanto.
La tua giovinezza muore, con lei quel poco che hai
Di coraggio e di voglia, di non essere un niente.
A mille sogni hai rinunciato perché pensavi che mai
Ti saresti liberato dalla morsa del serpente.
Sono qui per ammazzarti perché la tua vita è nulla
E non vale proprio niente. L’hai sprecata, che follia!
Non lottavi mai per niente, fin da quando eri in culla
E ti ha sempre accompagnato nella vita l’apatia.”
“Ma io colpa non ne ho! Ero solo un bambino,
Del mondo capivo poco, forse meno di adesso.
Mi svegliai all’improvviso, mi sentii un gran cretino,
Crescendo così in fretta, senza avere mai successo.”
“Ma da allora è passato tanto tempo, forse troppo
E in tutti questi anni non hai fatto proprio niente.
Troppo tardi hai capito che il tempo va al galoppo
E che tu non sei mai stato un cavaliere valente.
Nessuno può esserlo. Vuoi rallentare il tempo?
Vuoi portarti sulle spalle il fardello della vita?
La tua è costellata solamente da tormento.
D’ora in poi meriteresti di giacere in una cripta.
Hai avuto un grande dono, sono qui per prenderlo,
Hai vissuto con paura incessante e logorante,
Hai paura della vita perch’è un grande pendolo.
Puoi gioire, puoi star male, le sventure sono tante.”
“Se mi dici queste cose, tanto vale fare in fretta,
Immagino siano tanti i perdenti come me.
Alza la tua ascia, sai, la morte non aspetta
Però ho solo una domanda, io vorrei sapere se
Morendo provi dolori, perché a me fa gran paura,
Son scappato una vita dalle pene, qui in terra.
Preferisco di gran lunga all’infernale tortura
La morte donata in fretta che la tua ascia sferra.”
“Che codardo di uomo!” mi urla contro il Passato,
“Che vigliacco! Che somaro! Che uomo senza Dio!
Torturi il mio udito raccontandomi il peccato
Che in fondo io so già e lo so soltanto io.
Solo io a questo mondo posso darti giusta pena:
Portarti negl’Inferni e lasciarti lì a bruciare,
Legato per il resto dell’eterno a una catena
Di cui l’altra estremità non riesci a scrutare.
Ma all’estremità opposta c’è un cannibale selvaggio,
Quando dormi si avvicina e ti mangia entrambi gl’occhi.
Per dormire ci vorrà davvero tanto coraggio,
Ti ricrescono nel sonno, bruciando come fuochi.
Poi ritorna e ti cava di nuovo gl’occhi entrambi.
Per il resto dell’eterno correrai sempre inseguito.
Correrai fino a quando avrai i piedi strambi
Correrai via dai ratti che ti avranno assalito.”
“Dio mio! Che orrore! Che visione spaventosa!”
Rispondo terrorizzato “Io non voglio più morire!
Preferisco di gran lunga l’esistenza pietosa
Che conduco ogni giorno, è molto meglio che marcire
All’Inferno in questo modo raccapricciante e selvaggio
E farò qualunque cosa affinché muti la pena.
Per sfortuna io non ho proprio per niente coraggio!”
“Non è la sfortuna che ti scorre in ogni vena!
Ma il coraggio, quello sì, tu non ne hai proprio per niente!
Vivi giusto perché ti spaventa il suicidio.
Proprio in questa ora ti dovrei squartare il ventre,
E ciò che commetterei, non sarebbe omicidio.
Sarei un benefattore e io ti libererei
Dalla gabbia del tuo corpo, che il tuo animo strazia.
Non proveresti dolore e io ti ucciderei,
Ma di dolore, in eterno la tua anima sazia
Sarà finché l’Universo avrà dentro sé la rabbia
Che tu gli hai causato con la tua pigra follia,
Con il tuo pigro volere: meriti di stare in gabbia,
Di soffrire in eterno, di morire, così sia! ”
Detto ciò, la scure alza. “No, aspetta! Te ne prego!
È orribile e tremendo tutto ciò che m’hai predetto!
Giuro sulla mia testa, un nodo al cuore lego,
Farò tutto ciò che serve a guadagnare il tuo rispetto.
Sono corso una vita, via da tutto il dolore
E provarlo in eterno mi è pena troppo cruda.
Ti prometto che in futuro io vivrò con tanto ardore
E consegnerò a te la mia anima nuda.”
“Mi dovrei forse fidare di uno stolto come te?
Se ti lascio andare via di sicuro scapperai,
Come sei scappato sempre. Prenditi gioco di me
E hai la mia parola che tu te ne pentirai.”
Con gli occhi sbarrati fisso la sagoma nera
E sento tutta la carne che mi trema sulle ossa.
Una leggera e dolce brezza blu di primavera
Anticipa timidamente la tempesta nera e grossa.
“Voglio cambiare vita! Voglio vivere la vita!
E gustarmi ogni cosa, dalla piccola alla grande!
Mi hai aperto gli occhi ora e ho visto che una cripta
Ho abitato fino adesso nelle desolate lande.
Mi domando come ho fatto a tenere gli occhi chiusi
Per tutta una vita triste e banale e piatta.
Mi domando come ho fatto a sopportare i soprusi
Che da solo infliggevo alla mia vita astratta.
Che stolto che sono stato ad aver paura sempre,
E son solo esistito, ho vissuto veramente
Solo da questo momento, tu parlavi e nel mentre
Io capivo che il mio tempo l’ho stuprato lentamente.
Ho capito ch’è inutile scappare via in eterno
Da tutte le paure che ci opprimono ogni giorno.
Ci raggiungono comunque e germogliano all’interno
Presentandosi armati, con per ogni spalla un corno.
Io sono fortunato perch’è ho un’altra occasione
Di vivere la vita, non sapere dove andare.
Ma come sono stato io, ci sono mille persone
Che sono perse nel nulla, sanno sempre cosa fare.
Fanno futili progetti, spaventati dalla vita,
Spaventati dal dolore, spaventati dal soffrire,
Spaventati da tutto ciò che li sembra fatica,
Ma non sanno che tu da loro stai per venire.
Che cos’è la vita vera se non si prova dolore?
Che gioia si prova a rialzarsi in piedi
Se prima non si cade? Puoi amare il colore
Se prima tu il nero solamente non vedi?
Se prima non provi rabbia, non avrai serenità,
Se prima non piangi, che futile il sorriso
Che spunta all’improvviso. Non vedrai la sazietà
Se prima non hai fame e cicatrici sul viso.
Conosci il silenzio quando smetti di parlare
E ti rendi conto che da paura eri spinto.
Conosci l’amore quando smetti di odiare
E ti rendi conto che il mondo è variopinto.
Non ho mai subito un graffio, non ho mai subito un torto,
Ma adesso son cambiato, d’ora in poi basta scappare.
Ho aperto gli occhi ora, ho visto che il tempo è corto
Ho visto che non ha senso quest’esistenza sprecare.
Anzi, ho visto ch’è peccato, faccio un torto a me stesso,
Faccio un torto all’Universo rifiutandogli il dono
Che per caso o per grazia a me è stato concesso.
Per il torto che ho compiuto ora domando perdono.
Ti prego, lasciami in vita, la sto ora assaporando
E mi piace, mi piace, mi piace anche fin troppo.
In questo momento vivo, mi sto auto flagellando
Per il tempo che ho perso, ch’è andato al galoppo.”
Ho le lacrime agl’occhi, senz’accorgermi nemmeno,
E sorrido comprendendo che ho fallito fino ad ora.
“Scappare dalla mia vita era stato il mio perno,
Ma quello che ora è gioia, era prigione allora.”
“Forse stai dicendo il vero e ti voglio risparmiare,
Ma dovrai tenere fede alla tua parola data.
Se io ti lascio in vita, devi subito cambiare,
Altrimenti l’anima a dadi l’avrai giocata.
Non tradire mai la promessa che mi hai fatto,
Al contrario per il resto dell’eterno all’Inferno
Tu sarai e sarò io quello che t’avrà dannato
Al luogo che ti arde, dove sempre è inverno.
Affinché non te ne scordi ti farò un segno in faccia
Che ti accompagnerà fino a quando morirai.
Se non cambierai vita, sappi: la tua anima marcia
Ti sarà subito tolta se la fede tradirai.”
Con la mano mi afferra per lo scalpo e mi stringe
E poi l’ascia affilata sulla pelle mi appoggia
E dentro la mia pelle, la lama piano spinge
E il sangue sgorga fuori come fosse una pioggia.
La pioggia di sangue, la pioggia dal cielo
Mi purificano dentro e mi lavano il corpo.
Inizio soltanto ora a ricercare il vero,
Inizio soltanto ora a capire ch’ero morto.
“Da questo momento in poi, io vivrò su questa terra
Da uomo, non codardo, non da ignorante e stolto.
Ora sento che la vita davvero lei mi afferra,
Voglio avere coraggio, voglio essere colto.
E avrò un promemoria, sulla fronte cicatrice,
Mi ricorderà per sempre il mio sommo dovere:
Amare, gioire, soffrire, esser felice,
Vivere sulla mia pelle ascoltando il mio volere.”
December 2012
La nebbia densa copre i monti e le foreste
E un velo di mistero si posa sulla valle.
In lontananza spiccano solo le alte creste
E ognuno è perso anche sul proprio calle.
Mi guardo indietro e i miei compagni di sventura
Sono scomparsi nella nebbia. Li chiamo, ma risposta
Non me ne giunge alcuna, che orrenda avventura!
Mi siedo e rifletto e faccio una sosta.
Mi sento spaventato, oltre che affamato
E bramo solo cibo, e bramo solo Sole.
Sono rimasto solo, perso e disperato.
Deserto desolato sopra un verde colle.
Con la testa tra le mani, io rifletto assai tanto,
Alzo lo sguardo piano, guardo davanti a me
E noto che in terra giace un nero guanto.
M’investe una voce “Ho un credito a te!”
“Che cosa spaventosa!” urla la mia mente,
Sulle placche del cranio questo eco rimbalza.
Sono impaurito e una sagoma nel mentre
Sopra la mia testa una grossa ascia alza.
Se non mi ha ucciso ora è soltanto grazie al caso:
Mi sono spostato in tempo per non essere aperto,
E se ho ancora due gambe e braccia è per caso.
Sto rannicchiato in terra, dal terrore ricoperto.
“Chi sei?” grido più forte che posso.
“Son ciò che volevi fare, ma purtroppo non hai fatto,
I progetti, i tuoi sogni oramai ridotti all’osso.
Sono qui per vendicarmi e mi chiamo il tuo Passato.”
“Ma perché mi dai la caccia? Perché mi vuoi tu morto?
Cos’ho fatto tanto grave?” chiedo col cuore in gola.
“Sono qui per riparare al tuo più grande torto:
Hai sprecato la tua vita, sapendo ch’è una sola.
Hai sprecato troppo tempo piangendoti addosso,
Hai sprecato la tua vita senza curartene tanto,
Hai sprecato troppo tempo ripetendoti: «Non posso!»
Hai sprecato la tua vita, non meriti nessun vanto.
La tua giovinezza muore, con lei quel poco che hai
Di coraggio e di voglia, di non essere un niente.
A mille sogni hai rinunciato perché pensavi che mai
Ti saresti liberato dalla morsa del serpente.
Sono qui per ammazzarti perché la tua vita è nulla
E non vale proprio niente. L’hai sprecata, che follia!
Non lottavi mai per niente, fin da quando eri in culla
E ti ha sempre accompagnato nella vita l’apatia.”
“Ma io colpa non ne ho! Ero solo un bambino,
Del mondo capivo poco, forse meno di adesso.
Mi svegliai all’improvviso, mi sentii un gran cretino,
Crescendo così in fretta, senza avere mai successo.”
“Ma da allora è passato tanto tempo, forse troppo
E in tutti questi anni non hai fatto proprio niente.
Troppo tardi hai capito che il tempo va al galoppo
E che tu non sei mai stato un cavaliere valente.
Nessuno può esserlo. Vuoi rallentare il tempo?
Vuoi portarti sulle spalle il fardello della vita?
La tua è costellata solamente da tormento.
D’ora in poi meriteresti di giacere in una cripta.
Hai avuto un grande dono, sono qui per prenderlo,
Hai vissuto con paura incessante e logorante,
Hai paura della vita perch’è un grande pendolo.
Puoi gioire, puoi star male, le sventure sono tante.”
“Se mi dici queste cose, tanto vale fare in fretta,
Immagino siano tanti i perdenti come me.
Alza la tua ascia, sai, la morte non aspetta
Però ho solo una domanda, io vorrei sapere se
Morendo provi dolori, perché a me fa gran paura,
Son scappato una vita dalle pene, qui in terra.
Preferisco di gran lunga all’infernale tortura
La morte donata in fretta che la tua ascia sferra.”
“Che codardo di uomo!” mi urla contro il Passato,
“Che vigliacco! Che somaro! Che uomo senza Dio!
Torturi il mio udito raccontandomi il peccato
Che in fondo io so già e lo so soltanto io.
Solo io a questo mondo posso darti giusta pena:
Portarti negl’Inferni e lasciarti lì a bruciare,
Legato per il resto dell’eterno a una catena
Di cui l’altra estremità non riesci a scrutare.
Ma all’estremità opposta c’è un cannibale selvaggio,
Quando dormi si avvicina e ti mangia entrambi gl’occhi.
Per dormire ci vorrà davvero tanto coraggio,
Ti ricrescono nel sonno, bruciando come fuochi.
Poi ritorna e ti cava di nuovo gl’occhi entrambi.
Per il resto dell’eterno correrai sempre inseguito.
Correrai fino a quando avrai i piedi strambi
Correrai via dai ratti che ti avranno assalito.”
“Dio mio! Che orrore! Che visione spaventosa!”
Rispondo terrorizzato “Io non voglio più morire!
Preferisco di gran lunga l’esistenza pietosa
Che conduco ogni giorno, è molto meglio che marcire
All’Inferno in questo modo raccapricciante e selvaggio
E farò qualunque cosa affinché muti la pena.
Per sfortuna io non ho proprio per niente coraggio!”
“Non è la sfortuna che ti scorre in ogni vena!
Ma il coraggio, quello sì, tu non ne hai proprio per niente!
Vivi giusto perché ti spaventa il suicidio.
Proprio in questa ora ti dovrei squartare il ventre,
E ciò che commetterei, non sarebbe omicidio.
Sarei un benefattore e io ti libererei
Dalla gabbia del tuo corpo, che il tuo animo strazia.
Non proveresti dolore e io ti ucciderei,
Ma di dolore, in eterno la tua anima sazia
Sarà finché l’Universo avrà dentro sé la rabbia
Che tu gli hai causato con la tua pigra follia,
Con il tuo pigro volere: meriti di stare in gabbia,
Di soffrire in eterno, di morire, così sia! ”
Detto ciò, la scure alza. “No, aspetta! Te ne prego!
È orribile e tremendo tutto ciò che m’hai predetto!
Giuro sulla mia testa, un nodo al cuore lego,
Farò tutto ciò che serve a guadagnare il tuo rispetto.
Sono corso una vita, via da tutto il dolore
E provarlo in eterno mi è pena troppo cruda.
Ti prometto che in futuro io vivrò con tanto ardore
E consegnerò a te la mia anima nuda.”
“Mi dovrei forse fidare di uno stolto come te?
Se ti lascio andare via di sicuro scapperai,
Come sei scappato sempre. Prenditi gioco di me
E hai la mia parola che tu te ne pentirai.”
Con gli occhi sbarrati fisso la sagoma nera
E sento tutta la carne che mi trema sulle ossa.
Una leggera e dolce brezza blu di primavera
Anticipa timidamente la tempesta nera e grossa.
“Voglio cambiare vita! Voglio vivere la vita!
E gustarmi ogni cosa, dalla piccola alla grande!
Mi hai aperto gli occhi ora e ho visto che una cripta
Ho abitato fino adesso nelle desolate lande.
Mi domando come ho fatto a tenere gli occhi chiusi
Per tutta una vita triste e banale e piatta.
Mi domando come ho fatto a sopportare i soprusi
Che da solo infliggevo alla mia vita astratta.
Che stolto che sono stato ad aver paura sempre,
E son solo esistito, ho vissuto veramente
Solo da questo momento, tu parlavi e nel mentre
Io capivo che il mio tempo l’ho stuprato lentamente.
Ho capito ch’è inutile scappare via in eterno
Da tutte le paure che ci opprimono ogni giorno.
Ci raggiungono comunque e germogliano all’interno
Presentandosi armati, con per ogni spalla un corno.
Io sono fortunato perch’è ho un’altra occasione
Di vivere la vita, non sapere dove andare.
Ma come sono stato io, ci sono mille persone
Che sono perse nel nulla, sanno sempre cosa fare.
Fanno futili progetti, spaventati dalla vita,
Spaventati dal dolore, spaventati dal soffrire,
Spaventati da tutto ciò che li sembra fatica,
Ma non sanno che tu da loro stai per venire.
Che cos’è la vita vera se non si prova dolore?
Che gioia si prova a rialzarsi in piedi
Se prima non si cade? Puoi amare il colore
Se prima tu il nero solamente non vedi?
Se prima non provi rabbia, non avrai serenità,
Se prima non piangi, che futile il sorriso
Che spunta all’improvviso. Non vedrai la sazietà
Se prima non hai fame e cicatrici sul viso.
Conosci il silenzio quando smetti di parlare
E ti rendi conto che da paura eri spinto.
Conosci l’amore quando smetti di odiare
E ti rendi conto che il mondo è variopinto.
Non ho mai subito un graffio, non ho mai subito un torto,
Ma adesso son cambiato, d’ora in poi basta scappare.
Ho aperto gli occhi ora, ho visto che il tempo è corto
Ho visto che non ha senso quest’esistenza sprecare.
Anzi, ho visto ch’è peccato, faccio un torto a me stesso,
Faccio un torto all’Universo rifiutandogli il dono
Che per caso o per grazia a me è stato concesso.
Per il torto che ho compiuto ora domando perdono.
Ti prego, lasciami in vita, la sto ora assaporando
E mi piace, mi piace, mi piace anche fin troppo.
In questo momento vivo, mi sto auto flagellando
Per il tempo che ho perso, ch’è andato al galoppo.”
Ho le lacrime agl’occhi, senz’accorgermi nemmeno,
E sorrido comprendendo che ho fallito fino ad ora.
“Scappare dalla mia vita era stato il mio perno,
Ma quello che ora è gioia, era prigione allora.”
“Forse stai dicendo il vero e ti voglio risparmiare,
Ma dovrai tenere fede alla tua parola data.
Se io ti lascio in vita, devi subito cambiare,
Altrimenti l’anima a dadi l’avrai giocata.
Non tradire mai la promessa che mi hai fatto,
Al contrario per il resto dell’eterno all’Inferno
Tu sarai e sarò io quello che t’avrà dannato
Al luogo che ti arde, dove sempre è inverno.
Affinché non te ne scordi ti farò un segno in faccia
Che ti accompagnerà fino a quando morirai.
Se non cambierai vita, sappi: la tua anima marcia
Ti sarà subito tolta se la fede tradirai.”
Con la mano mi afferra per lo scalpo e mi stringe
E poi l’ascia affilata sulla pelle mi appoggia
E dentro la mia pelle, la lama piano spinge
E il sangue sgorga fuori come fosse una pioggia.
La pioggia di sangue, la pioggia dal cielo
Mi purificano dentro e mi lavano il corpo.
Inizio soltanto ora a ricercare il vero,
Inizio soltanto ora a capire ch’ero morto.
“Da questo momento in poi, io vivrò su questa terra
Da uomo, non codardo, non da ignorante e stolto.
Ora sento che la vita davvero lei mi afferra,
Voglio avere coraggio, voglio essere colto.
E avrò un promemoria, sulla fronte cicatrice,
Mi ricorderà per sempre il mio sommo dovere:
Amare, gioire, soffrire, esser felice,
Vivere sulla mia pelle ascoltando il mio volere.”
December 2012
30x24cm | 5.2018
Abbiamo fame, abbiamo fame
E sempre andiamo a caccia.
E sono un randagio cane,
Non guardo più nessuno in faccia.
Abbiamo fame.
Abbiamo fame di cultura,
Abbiamo fame di lavoro,
Abbiamo fame e non c’è cura
Per noi che abbandoniamo il coro.
A noi che cantiamo a parte,
La buona sorte dà le spalle.
Non vinciamo mai a carte
E dormiamo nelle stalle.
Abbiamo fame.
Noi che il brutto abbiamo visto
E sorridiamo amaramente,
Non ci aggrappiamo più nemmeno a Cristo
Ed esistiamo tristemente.
Ma esistiamo con coscienza
E teniamo gli occhi aperti:
La nostra stessa esistenza
È quella d’uomini imperfetti.
Abbiamo fame.
Così come il gallo canta
Ogni mattina al sol levante,
Così noi mangiamo carta
Con gl’occhi, e il mondo circostante.
È il nostro avere la coscienza
Di noi, che porta a’avere fame.
È della vita, l’esperienza
Che ci fa gola sol di carne.
Abbiamo fame.
Abbiamo fame, abbiamo fame
E moriamo nelle lame
Acuminate del regresso,
Che sopravviene sul progresso.
Abbiamo fame.
December 2012
Abbiamo fame, abbiamo fame
E sempre andiamo a caccia.
E sono un randagio cane,
Non guardo più nessuno in faccia.
Abbiamo fame.
Abbiamo fame di cultura,
Abbiamo fame di lavoro,
Abbiamo fame e non c’è cura
Per noi che abbandoniamo il coro.
A noi che cantiamo a parte,
La buona sorte dà le spalle.
Non vinciamo mai a carte
E dormiamo nelle stalle.
Abbiamo fame.
Noi che il brutto abbiamo visto
E sorridiamo amaramente,
Non ci aggrappiamo più nemmeno a Cristo
Ed esistiamo tristemente.
Ma esistiamo con coscienza
E teniamo gli occhi aperti:
La nostra stessa esistenza
È quella d’uomini imperfetti.
Abbiamo fame.
Così come il gallo canta
Ogni mattina al sol levante,
Così noi mangiamo carta
Con gl’occhi, e il mondo circostante.
È il nostro avere la coscienza
Di noi, che porta a’avere fame.
È della vita, l’esperienza
Che ci fa gola sol di carne.
Abbiamo fame.
Abbiamo fame, abbiamo fame
E moriamo nelle lame
Acuminate del regresso,
Che sopravviene sul progresso.
Abbiamo fame.
December 2012
30x24cm | 5.2018
Ogni giorno salgo sul treno della noia
E vedo volti stanchi, senza vitalità,
Senza voglia alcuna, senza alcuna gioia.
Trasudano dai pori solo modernità.
Totale apatia verso questo, quell’altro,
Non c’è più nulla in grado di darci un sorriso.
Totale apatia verso il cielo alto,
Verso i monti, i fiumi, verso il fango intriso.
Anonimi emozioni e spenti sentimenti
Riempiono cuori formidabili e vissuti,
E dentro mille fori, come mille serpenti,
Strisciano dentro noi con mille stridi acuti.
Persone dormienti, felici di dormire,
Felici di restare nascoste in soffitte.
Abbassano la testa, felici d’obbedire,
Felici di servire mille regole non scritte.
Felici dell’idea di vita che loro hanno,
Felici dell’immagine che hanno della gioia,
Felici di guarire sempre da ogni malanno,
Felici di esistere nella peggiore noia.
December 2012
Ogni giorno salgo sul treno della noia
E vedo volti stanchi, senza vitalità,
Senza voglia alcuna, senza alcuna gioia.
Trasudano dai pori solo modernità.
Totale apatia verso questo, quell’altro,
Non c’è più nulla in grado di darci un sorriso.
Totale apatia verso il cielo alto,
Verso i monti, i fiumi, verso il fango intriso.
Anonimi emozioni e spenti sentimenti
Riempiono cuori formidabili e vissuti,
E dentro mille fori, come mille serpenti,
Strisciano dentro noi con mille stridi acuti.
Persone dormienti, felici di dormire,
Felici di restare nascoste in soffitte.
Abbassano la testa, felici d’obbedire,
Felici di servire mille regole non scritte.
Felici dell’idea di vita che loro hanno,
Felici dell’immagine che hanno della gioia,
Felici di guarire sempre da ogni malanno,
Felici di esistere nella peggiore noia.
December 2012
di formazione
January – November 2017
80x60cm | 1.2017
Rincorriamoci, perdiamoci adesso
Nel bosco fitto, dove a malapena
La luce filtra della Luna piena,
Nascondendo alla vista l’inespresso.
Ciechi, persi in un amato profumo
Non ci serve vedere per trovarci.
Il chiarore ci basta per toccarci,
Rendendo la nostra vita un frantumo.
Sfuggiamo l’uno all’altra, allo sguardo
E al cuore. Smarriti nella foresta
Inseguiamo l’orizzonte che resta
Lontano, che resta un perenne azzardo.
Credevo di conoscere il sentiero,
Eppure ogni volta perdo la strada
Di casa: presente e futura. Guarda,
Per l’orizzonte salpa quel veliero.
Oh, se avessi il coraggio di afferrarti
La mano, mi lascerei trasportare.
Pel porto il sentiero potrei trovare,
Per salpare, e mai più salutarti.
Ma oggi calpesto un altro pianeta,
Alieno sono qui, alieno tutto
Mi è in questo posto. Il cielo asciutto
Essicca la mia gioia segreta.
Amaro è il deserto, e pesante…
Per ogni granello conto un rimorso
Per l’incolmabile vuoto del corso
Della notte: da tramonto a levante.
June 2016
Rincorriamoci, perdiamoci adesso
Nel bosco fitto, dove a malapena
La luce filtra della Luna piena,
Nascondendo alla vista l’inespresso.
Ciechi, persi in un amato profumo
Non ci serve vedere per trovarci.
Il chiarore ci basta per toccarci,
Rendendo la nostra vita un frantumo.
Sfuggiamo l’uno all’altra, allo sguardo
E al cuore. Smarriti nella foresta
Inseguiamo l’orizzonte che resta
Lontano, che resta un perenne azzardo.
Credevo di conoscere il sentiero,
Eppure ogni volta perdo la strada
Di casa: presente e futura. Guarda,
Per l’orizzonte salpa quel veliero.
Oh, se avessi il coraggio di afferrarti
La mano, mi lascerei trasportare.
Pel porto il sentiero potrei trovare,
Per salpare, e mai più salutarti.
Ma oggi calpesto un altro pianeta,
Alieno sono qui, alieno tutto
Mi è in questo posto. Il cielo asciutto
Essicca la mia gioia segreta.
Amaro è il deserto, e pesante…
Per ogni granello conto un rimorso
Per l’incolmabile vuoto del corso
Della notte: da tramonto a levante.
June 2016
30x24cm | 1.2017
Il tramonto che annega dentro l’infinito mare
Mi porta sopra le onde e mi porta a pensare.
Cosa cela l’orizzonte ai miei occhi mortali?
Che cos’ha nascosto Dio agli uomini banali?
Il cielo vuoto di stelle non mi lascia orientarmi
E naufraga la barca: pace non riesco a darmi.
Perso nel blu infinito senza più speranza alcuna
Cerco una soluzione, trovandone solo una:
Soluzione di rinuncia… Mente sprecata a pensarla.
Neuroni ingarbugliati vollero alla luce darla.
L’idea di rinunciare di per sé non è idea:
Un’idea non distrugge, un’idea bensì crea.
Un’idea nella testa che fermenta e che scalcia,
Che mi fa rimuginare: ogni altro pensiero falcia.
“Idea arrampicatrice, che la speranza oscura,
Non avrò di te riguardo! Non avrò di te paura!
Estirparti le radici, farti sfiorire i fiori,
Come fa il contadino con giardini di colori,
È quello che dovrei fare: annegarti nell’immenso
Blu disteso ai quattro venti sotto un azzurro denso.
Sei come un buco nero che mi succhia l’energia,
Come un infinita piovra che per chissà che magia
Mi abbraccia forte tanto da fermarmi il respiro;
Mi costringe assai lontano da tutto ciò che aspiro.
Sparisci dalla mia mente, svanisci in questo istante!”
Grido forte, ma l’idea rimane sempre costante.
Ormai radicata dentro me da quasi cinque anni:
È difficile pulire quando hai sporchi i panni.
Guarda l’eroe infermo che piange sulle ferite
Inflittegli dal destino, da destino travestite.
Un destino che l’eroe a malincuore accetta
E perseverante cerca una lacrima perfetta:
Una lacrima che tarda a lasciarsi lacrimare,
Una lacrima portante l’idea di rinunciare.
Una lacrima d’inchiostro sulla pagina caduta:
Un punto immobile, fermo, sulla carta imbevuta.
Un nuovo inizio inizia per l’eroe moribondo
Quando decide di alzarsi dopo aver toccato il fondo.
Perché perdi se non lotti, in principio in ogni caso;
Perdi se non spicchi il volo come il gallo mai evaso.
Mi ritrovo ancora immerso, perso nel blu infinito;
Alzando gli occhi vedo un piccolo carro scolpito.
L’eroe mi ha insegnato a guardare per vedere:
Le stelle restano buie a chi manca di volere.
La scia del desiderio seguo, salgo sopra il carro;
Apri le orecchie bene, perché è vero ciò che narro:
Non mi ha portato ancora dove io avrei voluto,
Però mi ha dato coraggio e l’udito di un muto.
Sembra facile mollare, sembra l’unica uscita.
Ma sarà così per sempre? Sarà sempre una salita
Questa vita senza gioie o soddisfazioni alcune?
L’alcol mi svuota la testa, la riempie di lacune
Che il giorno dopo ancora, gremite di pensieri,
Si vogliono risvuotare, coprirsi gli occhi neri.
Divampa il fuoco nel cuore e la mente non ragiona,
Non vede che essa stessa è colei che l’imprigiona.
Non vede che chi è schiavo muore dentro lentamente,
Non capisce che il pazzo non è poi così demente.
Guarda l’eroe in forze, forte, senza più ferite
Che sbilancia l’Universo con volontà appassite.
Ero perso: son trovato, ma non so chi ringraziare.
Cerco un pezzetto d’ombra per sedermi e pensare:
Che qualunque cosa Dio abbia nelle sue menti,
Guarderò il mondo freddo sciogliersi tra i pentimenti.
February 2016
Il tramonto che annega dentro l’infinito mare
Mi porta sopra le onde e mi porta a pensare.
Cosa cela l’orizzonte ai miei occhi mortali?
Che cos’ha nascosto Dio agli uomini banali?
Il cielo vuoto di stelle non mi lascia orientarmi
E naufraga la barca: pace non riesco a darmi.
Perso nel blu infinito senza più speranza alcuna
Cerco una soluzione, trovandone solo una:
Soluzione di rinuncia… Mente sprecata a pensarla.
Neuroni ingarbugliati vollero alla luce darla.
L’idea di rinunciare di per sé non è idea:
Un’idea non distrugge, un’idea bensì crea.
Un’idea nella testa che fermenta e che scalcia,
Che mi fa rimuginare: ogni altro pensiero falcia.
“Idea arrampicatrice, che la speranza oscura,
Non avrò di te riguardo! Non avrò di te paura!
Estirparti le radici, farti sfiorire i fiori,
Come fa il contadino con giardini di colori,
È quello che dovrei fare: annegarti nell’immenso
Blu disteso ai quattro venti sotto un azzurro denso.
Sei come un buco nero che mi succhia l’energia,
Come un infinita piovra che per chissà che magia
Mi abbraccia forte tanto da fermarmi il respiro;
Mi costringe assai lontano da tutto ciò che aspiro.
Sparisci dalla mia mente, svanisci in questo istante!”
Grido forte, ma l’idea rimane sempre costante.
Ormai radicata dentro me da quasi cinque anni:
È difficile pulire quando hai sporchi i panni.
Guarda l’eroe infermo che piange sulle ferite
Inflittegli dal destino, da destino travestite.
Un destino che l’eroe a malincuore accetta
E perseverante cerca una lacrima perfetta:
Una lacrima che tarda a lasciarsi lacrimare,
Una lacrima portante l’idea di rinunciare.
Una lacrima d’inchiostro sulla pagina caduta:
Un punto immobile, fermo, sulla carta imbevuta.
Un nuovo inizio inizia per l’eroe moribondo
Quando decide di alzarsi dopo aver toccato il fondo.
Perché perdi se non lotti, in principio in ogni caso;
Perdi se non spicchi il volo come il gallo mai evaso.
Mi ritrovo ancora immerso, perso nel blu infinito;
Alzando gli occhi vedo un piccolo carro scolpito.
L’eroe mi ha insegnato a guardare per vedere:
Le stelle restano buie a chi manca di volere.
La scia del desiderio seguo, salgo sopra il carro;
Apri le orecchie bene, perché è vero ciò che narro:
Non mi ha portato ancora dove io avrei voluto,
Però mi ha dato coraggio e l’udito di un muto.
Sembra facile mollare, sembra l’unica uscita.
Ma sarà così per sempre? Sarà sempre una salita
Questa vita senza gioie o soddisfazioni alcune?
L’alcol mi svuota la testa, la riempie di lacune
Che il giorno dopo ancora, gremite di pensieri,
Si vogliono risvuotare, coprirsi gli occhi neri.
Divampa il fuoco nel cuore e la mente non ragiona,
Non vede che essa stessa è colei che l’imprigiona.
Non vede che chi è schiavo muore dentro lentamente,
Non capisce che il pazzo non è poi così demente.
Guarda l’eroe in forze, forte, senza più ferite
Che sbilancia l’Universo con volontà appassite.
Ero perso: son trovato, ma non so chi ringraziare.
Cerco un pezzetto d’ombra per sedermi e pensare:
Che qualunque cosa Dio abbia nelle sue menti,
Guarderò il mondo freddo sciogliersi tra i pentimenti.
February 2016
40x30cm | 11.2017
Sappiamo entrambi, è impossibile
Vedere una cometa se non splende.
Avvicinandosi al sole si accende
Bruciando d’un vivo inestinguibile.
Ciclicamente parte, poi ritorna
A volte dopo anni, altre ere,
A volte deviata dalle sfere
Si perde, e l’Universo contorna.
Questa cometa, un tempo sbiadita
Da affaticamenti e distanza
Oggi riprende la remota danza,
Forse per questa volta: infinita.
Danzando il tempo veloce scorre,
Sfavilla la cometa nello spazio.
La relatività io ringrazio
Per trasformare i secondi in ore.
November 2017
Sappiamo entrambi, è impossibile
Vedere una cometa se non splende.
Avvicinandosi al sole si accende
Bruciando d’un vivo inestinguibile.
Ciclicamente parte, poi ritorna
A volte dopo anni, altre ere,
A volte deviata dalle sfere
Si perde, e l’Universo contorna.
Questa cometa, un tempo sbiadita
Da affaticamenti e distanza
Oggi riprende la remota danza,
Forse per questa volta: infinita.
Danzando il tempo veloce scorre,
Sfavilla la cometa nello spazio.
La relatività io ringrazio
Per trasformare i secondi in ore.
November 2017
of a mature childhood /
d’infanzia matura
February – May 2015
60x50cm | 2.2015
For those who have nothing left,
But an arrow in the chest:
For them there will be no rest.
For them nobody has wept.
For half an eternity
They will search the love for life;
Them who are so used to strife
For little posterity.
For those who stay kneeled and cry
Because the world is unfair:
Nobody about them care.
They just want to die and fly.
For the rest of our time
Nobody will understand
What it’s like to have no land,
What it’s like to live in slime.
October 2014
For those who have nothing left,
But an arrow in the chest:
For them there will be no rest.
For them nobody has wept.
For half an eternity
They will search the love for life;
Them who are so used to strife
For little posterity.
For those who stay kneeled and cry
Because the world is unfair:
Nobody about them care.
They just want to die and fly.
For the rest of our time
Nobody will understand
What it’s like to have no land,
What it’s like to live in slime.
October 2014
60x50cm | 4.2015
Passa un giorno, poi un altro:
Scorrono settimane.
A malapena mi accorgo
Della vita che fugge.
Le settimane crescono:
Un altro mese sfugge,
Triste capisco ch’è poco
Il tempo che rimane.
Sorge il Sole, poi tramonta,
Si accumulano i mesi.
Verso un’era infinita
La bilancia s’inchina;
L’infinito ha fine quando
Una salma supina
Giace sul suolo robusto
Senza pensieri o pesi.
Sorge la Luna e arriva
Delle stelle la notte.
Un altro anno è finito:
Non tornerà indietro;
Picchio forte con i pugni,
Ma non si rompe il vetro
Tra me e il tempo sprecato,
E altre mille rotte.
March 2015
Passa un giorno, poi un altro:
Scorrono settimane.
A malapena mi accorgo
Della vita che fugge.
Le settimane crescono:
Un altro mese sfugge,
Triste capisco ch’è poco
Il tempo che rimane.
Sorge il Sole, poi tramonta,
Si accumulano i mesi.
Verso un’era infinita
La bilancia s’inchina;
L’infinito ha fine quando
Una salma supina
Giace sul suolo robusto
Senza pensieri o pesi.
Sorge la Luna e arriva
Delle stelle la notte.
Un altro anno è finito:
Non tornerà indietro;
Picchio forte con i pugni,
Ma non si rompe il vetro
Tra me e il tempo sprecato,
E altre mille rotte.
March 2015
60x50cm | 5.2015
Do you want to jump, my darling?
Grab my hand, let’s jump together.
Let’s jump, no matter the weather.
Let’s jump, our hearts are calling.
Let’s jump in the darkest valley,
Which love has not seen before.
Let’s perform this fierce encore,
Let’s board on a golden galley.
Golden galley in the dreams
Two lovers have, beyond regrets,
Beyond the sea, beyond upsets:
Let’s be driven by life’s streams.
January 2015
Do you want to jump, my darling?
Grab my hand, let’s jump together.
Let’s jump, no matter the weather.
Let’s jump, our hearts are calling.
Let’s jump in the darkest valley,
Which love has not seen before.
Let’s perform this fierce encore,
Let’s board on a golden galley.
Golden galley in the dreams
Two lovers have, beyond regrets,
Beyond the sea, beyond upsets:
Let’s be driven by life’s streams.
January 2015
of loneliness and love /
di solitudine e d’amore
April 2014
60x50cm | 4.2014
Il dottore della peste è un animale vivo,
Ha un grande dolore, di felicità è privo.
Si trascina sulla Terra per cercare un sorriso:
Sollievo, perché tardi? Perché non m’irradi il viso?
Perseverando nel buio sono diventato orbo,
Per una talpa la vista è poco meno d’un morbo.
In caverne infinite m’inabisso ogni giorno
E non trovo un motivo per cercare il ritorno:
Buio per buio al buio, luce per luce alla luce,
Nella vita, il baratto è la legge che conduce.
Il dottore della peste è un povero mercante
Ch’è rimasto senza merce e non ha oro sonante.
March 2014