La nebbia densa copre i monti e le foreste
E un velo di mistero si posa sulla valle.
In lontananza spiccano solo le alte creste
E ognuno è perso anche sul proprio calle.
Mi guardo indietro e i miei compagni di sventura
Sono scomparsi nella nebbia. Li chiamo, ma risposta
Non me ne giunge alcuna, che orrenda avventura!
Mi siedo e rifletto e faccio una sosta.
Mi sento spaventato, oltre che affamato
E bramo solo cibo, e bramo solo Sole.
Sono rimasto solo, perso e disperato.
Deserto desolato sopra un verde colle.
Con la testa tra le mani, io rifletto assai tanto,
Alzo lo sguardo piano, guardo davanti a me
E noto che in terra giace un nero guanto.
M’investe una voce “Ho un credito a te!”
“Che cosa spaventosa!” urla la mia mente,
Sulle placche del cranio questo eco rimbalza.
Sono impaurito e una sagoma nel mentre
Sopra la mia testa una grossa ascia alza.
Se non mi ha ucciso ora è soltanto grazie al caso:
Mi sono spostato in tempo per non essere aperto,
E se ho ancora due gambe e braccia è per caso.
Sto rannicchiato in terra, dal terrore ricoperto.
“Chi sei?” grido più forte che posso.
“Son ciò che volevi fare, ma purtroppo non hai fatto,
I progetti, i tuoi sogni oramai ridotti all’osso.
Sono qui per vendicarmi e mi chiamo il tuo Passato.”
“Ma perché mi dai la caccia? Perché mi vuoi tu morto?
Cos’ho fatto tanto grave?” chiedo col cuore in gola.
“Sono qui per riparare al tuo più grande torto:
Hai sprecato la tua vita, sapendo ch’è una sola.
Hai sprecato troppo tempo piangendoti addosso,
Hai sprecato la tua vita senza curartene tanto,
Hai sprecato troppo tempo ripetendoti: «Non posso!»
Hai sprecato la tua vita, non meriti nessun vanto.
La tua giovinezza muore, con lei quel poco che hai
Di coraggio e di voglia, di non essere un niente.
A mille sogni hai rinunciato perché pensavi che mai
Ti saresti liberato dalla morsa del serpente.
Sono qui per ammazzarti perché la tua vita è nulla
E non vale proprio niente. L’hai sprecata, che follia!
Non lottavi mai per niente, fin da quando eri in culla
E ti ha sempre accompagnato nella vita l’apatia.”
“Ma io colpa non ne ho! Ero solo un bambino,
Del mondo capivo poco, forse meno di adesso.
Mi svegliai all’improvviso, mi sentii un gran cretino,
Crescendo così in fretta, senza avere mai successo.”
“Ma da allora è passato tanto tempo, forse troppo
E in tutti questi anni non hai fatto proprio niente.
Troppo tardi hai capito che il tempo va al galoppo
E che tu non sei mai stato un cavaliere valente.
Nessuno può esserlo. Vuoi rallentare il tempo?
Vuoi portarti sulle spalle il fardello della vita?
La tua è costellata solamente da tormento.
D’ora in poi meriteresti di giacere in una cripta.
Hai avuto un grande dono, sono qui per prenderlo,
Hai vissuto con paura incessante e logorante,
Hai paura della vita perch’è un grande pendolo.
Puoi gioire, puoi star male, le sventure sono tante.”
“Se mi dici queste cose, tanto vale fare in fretta,
Immagino siano tanti i perdenti come me.
Alza la tua ascia, sai, la morte non aspetta
Però ho solo una domanda, io vorrei sapere se
Morendo provi dolori, perché a me fa gran paura,
Son scappato una vita dalle pene, qui in terra.
Preferisco di gran lunga all’infernale tortura
La morte donata in fretta che la tua ascia sferra.”
“Che codardo di uomo!” mi urla contro il Passato,
“Che vigliacco! Che somaro! Che uomo senza Dio!
Torturi il mio udito raccontandomi il peccato
Che in fondo io so già e lo so soltanto io.
Solo io a questo mondo posso darti giusta pena:
Portarti negl’Inferni e lasciarti lì a bruciare,
Legato per il resto dell’eterno a una catena
Di cui l’altra estremità non riesci a scrutare.
Ma all’estremità opposta c’è un cannibale selvaggio,
Quando dormi si avvicina e ti mangia entrambi gl’occhi.
Per dormire ci vorrà davvero tanto coraggio,
Ti ricrescono nel sonno, bruciando come fuochi.
Poi ritorna e ti cava di nuovo gl’occhi entrambi.
Per il resto dell’eterno correrai sempre inseguito.
Correrai fino a quando avrai i piedi strambi
Correrai via dai ratti che ti avranno assalito.”
“Dio mio! Che orrore! Che visione spaventosa!”
Rispondo terrorizzato “Io non voglio più morire!
Preferisco di gran lunga l’esistenza pietosa
Che conduco ogni giorno, è molto meglio che marcire
All’Inferno in questo modo raccapricciante e selvaggio
E farò qualunque cosa affinché muti la pena.
Per sfortuna io non ho proprio per niente coraggio!”
“Non è la sfortuna che ti scorre in ogni vena!
Ma il coraggio, quello sì, tu non ne hai proprio per niente!
Vivi giusto perché ti spaventa il suicidio.
Proprio in questa ora ti dovrei squartare il ventre,
E ciò che commetterei, non sarebbe omicidio.
Sarei un benefattore e io ti libererei
Dalla gabbia del tuo corpo, che il tuo animo strazia.
Non proveresti dolore e io ti ucciderei,
Ma di dolore, in eterno la tua anima sazia
Sarà finché l’Universo avrà dentro sé la rabbia
Che tu gli hai causato con la tua pigra follia,
Con il tuo pigro volere: meriti di stare in gabbia,
Di soffrire in eterno, di morire, così sia! ”
Detto ciò, la scure alza. “No, aspetta! Te ne prego!
È orribile e tremendo tutto ciò che m’hai predetto!
Giuro sulla mia testa, un nodo al cuore lego,
Farò tutto ciò che serve a guadagnare il tuo rispetto.
Sono corso una vita, via da tutto il dolore
E provarlo in eterno mi è pena troppo cruda.
Ti prometto che in futuro io vivrò con tanto ardore
E consegnerò a te la mia anima nuda.”
“Mi dovrei forse fidare di uno stolto come te?
Se ti lascio andare via di sicuro scapperai,
Come sei scappato sempre. Prenditi gioco di me
E hai la mia parola che tu te ne pentirai.”
Con gli occhi sbarrati fisso la sagoma nera
E sento tutta la carne che mi trema sulle ossa.
Una leggera e dolce brezza blu di primavera
Anticipa timidamente la tempesta nera e grossa.
“Voglio cambiare vita! Voglio vivere la vita!
E gustarmi ogni cosa, dalla piccola alla grande!
Mi hai aperto gli occhi ora e ho visto che una cripta
Ho abitato fino adesso nelle desolate lande.
Mi domando come ho fatto a tenere gli occhi chiusi
Per tutta una vita triste e banale e piatta.
Mi domando come ho fatto a sopportare i soprusi
Che da solo infliggevo alla mia vita astratta.
Che stolto che sono stato ad aver paura sempre,
E son solo esistito, ho vissuto veramente
Solo da questo momento, tu parlavi e nel mentre
Io capivo che il mio tempo l’ho stuprato lentamente.
Ho capito ch’è inutile scappare via in eterno
Da tutte le paure che ci opprimono ogni giorno.
Ci raggiungono comunque e germogliano all’interno
Presentandosi armati, con per ogni spalla un corno.
Io sono fortunato perch’è ho un’altra occasione
Di vivere la vita, non sapere dove andare.
Ma come sono stato io, ci sono mille persone
Che sono perse nel nulla, sanno sempre cosa fare.
Fanno futili progetti, spaventati dalla vita,
Spaventati dal dolore, spaventati dal soffrire,
Spaventati da tutto ciò che li sembra fatica,
Ma non sanno che tu da loro stai per venire.
Che cos’è la vita vera se non si prova dolore?
Che gioia si prova a rialzarsi in piedi
Se prima non si cade? Puoi amare il colore
Se prima tu il nero solamente non vedi?
Se prima non provi rabbia, non avrai serenità,
Se prima non piangi, che futile il sorriso
Che spunta all’improvviso. Non vedrai la sazietà
Se prima non hai fame e cicatrici sul viso.
Conosci il silenzio quando smetti di parlare
E ti rendi conto che da paura eri spinto.
Conosci l’amore quando smetti di odiare
E ti rendi conto che il mondo è variopinto.
Non ho mai subito un graffio, non ho mai subito un torto,
Ma adesso son cambiato, d’ora in poi basta scappare.
Ho aperto gli occhi ora, ho visto che il tempo è corto
Ho visto che non ha senso quest’esistenza sprecare.
Anzi, ho visto ch’è peccato, faccio un torto a me stesso,
Faccio un torto all’Universo rifiutandogli il dono
Che per caso o per grazia a me è stato concesso.
Per il torto che ho compiuto ora domando perdono.
Ti prego, lasciami in vita, la sto ora assaporando
E mi piace, mi piace, mi piace anche fin troppo.
In questo momento vivo, mi sto auto flagellando
Per il tempo che ho perso, ch’è andato al galoppo.”
Ho le lacrime agl’occhi, senz’accorgermi nemmeno,
E sorrido comprendendo che ho fallito fino ad ora.
“Scappare dalla mia vita era stato il mio perno,
Ma quello che ora è gioia, era prigione allora.”
“Forse stai dicendo il vero e ti voglio risparmiare,
Ma dovrai tenere fede alla tua parola data.
Se io ti lascio in vita, devi subito cambiare,
Altrimenti l’anima a dadi l’avrai giocata.
Non tradire mai la promessa che mi hai fatto,
Al contrario per il resto dell’eterno all’Inferno
Tu sarai e sarò io quello che t’avrà dannato
Al luogo che ti arde, dove sempre è inverno.
Affinché non te ne scordi ti farò un segno in faccia
Che ti accompagnerà fino a quando morirai.
Se non cambierai vita, sappi: la tua anima marcia
Ti sarà subito tolta se la fede tradirai.”
Con la mano mi afferra per lo scalpo e mi stringe
E poi l’ascia affilata sulla pelle mi appoggia
E dentro la mia pelle, la lama piano spinge
E il sangue sgorga fuori come fosse una pioggia.
La pioggia di sangue, la pioggia dal cielo
Mi purificano dentro e mi lavano il corpo.
Inizio soltanto ora a ricercare il vero,
Inizio soltanto ora a capire ch’ero morto.
“Da questo momento in poi, io vivrò su questa terra
Da uomo, non codardo, non da ignorante e stolto.
Ora sento che la vita davvero lei mi afferra,
Voglio avere coraggio, voglio essere colto.
E avrò un promemoria, sulla fronte cicatrice,
Mi ricorderà per sempre il mio sommo dovere:
Amare, gioire, soffrire, esser felice,
Vivere sulla mia pelle ascoltando il mio volere.”
December 2012